I Disturbi dell’Alimentazione: Cosa sono e cosa fare

abulimia1A cura della Dott.ssa: Chiara Ciardullo
Possiamo definire genericamente i disturbi alimentari come malattie mentali che coinvolgono processi sia psichici che somatici, i quali interagiscono fra loro e pertanto richiedono per il loro trattamento la collaborazione di diversi specialisti (endocrinologo, nutrizionista, psicologo, ginecologo e medico internista). I disturbi alimentari comprendono: anoressia, bulimia, disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati (NAS). Tali disturbi vengono classificati sulla base dei criteri diagnostici del DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
L’anoressia è caratterizzata dal rifiuto di mantenere un adeguato peso corporeo, dalla percezione distorta della propria immagine corporea, dal terrore di ingrassare, dalla presenza di amenorrea (mancanza del ciclo mestruale), da rituali legati al cibo, eccessivo esercizio fisico e condotte di eliminazione (purghe, vomito autoindotto, lassativi). Anche nella bulimia è presente un’eccessiva preoccupazione per la forma ed il peso del corpo, un grande sforzo di stare a dieta/digiunare, ma a questa si aggiungono anche le abbuffate di cibo, seguite dalle condotte di eliminazione. I NAS comprendono invece, quei disturbi alimentari che non soddisfano pienamente i criteri necessari per essere diagnosticati nelle categorie appena descritte; un esempio è il “Beinge eating”, o disturbo dell’alimentazione incontrollata,  un disturbo caratterizzato da abbuffate non seguite dalle condotte di eliminazione, il quale presenta delle caratteristiche molto simili a quelle della bulimia, ma non vi sono le condotte di eliminazione.

Inoltre, nel corso delle trasformazioni socio-economiche e culturali si sono sviluppati nuovi disturbi alimentari, che tuttavia non sono classificati nel DSM ma si sta discutendo se includerli o meno, quali per es. l’ortoressia (ossessione per i cibi sani; come anoressia e bulimia, il cibo è il suo pensiero fisso) e la vigoressia (ossessione per la perfezione del corpo, del tono muscolare, malattia da fitness dipendenza, fisico scolpito a qualunque costo), entrambe oggetto di studi scientifici.

L’obesità costituisce un altro disturbo alimentare e del peso, il quale tuttavia non viene incluso nella classificazione del DSM, in quanto si tratta di un disturbo che presenta nel suo sviluppo (oltre a cattive abitudini alimentari e stile di vita sedentario)  in genere una forte componente organica, ovvero la predisposizione genetica, ma  presenta importanti correlati di tipo psicologico. Tale disturbo viene definito come l’eccesso di tessuto adiposo che può indurre una aumento significativo di rischi per la salute, quali problemi cardiovascolari, diabete, pressione alta, ipercolesterolemia. Nel suo sviluppo interagiscono diversi fattori (cause) quali abitudini alimentari scorrette, stile di vita sedentario, squilibri ormonali, ereditarietà. Fra le cause anche uno stato depressivo, ma questa è anche una conseguenza dell’obesità (sono grassa, non mi piaccio, mi deprimo e per consolarmi mangio di più).

A livello psicologico l’obesità può comportare molte difficoltà quali stigmatizzazione sociale,  rapporto difficile con il proprio corpo, con gli altri, isolamento, vissuti depressivi, ansiosi, bassa autostima.

Relativamente ai disturbi alimentari precedentemente descritti, diversi sono i fattori che interagendo fra loro reciprocamente, possono contribuire, in misura diversa al loro sviluppo e mantenimento. Risulta essere molto importante individuarli, in quanto possono orientare nella diagnosi ed è proprio qui che si interviene principalmente in sede di cura e possono essere suddivisi in:

 Fattori individuali: traumi, abusi fisici o psicologici; il sintomo alimentare viene usato per esprimere emozioni inibite come per esempio la rabbia. Separazioni e perdite, paura di crescere (di assumere un’identità adulta ed una maturità sessuale), scarsa autostima (percezione di sé come indegne di attenzioni positive da parte degli altri, si pensa di poter acquisire sicurezza solo attraverso l’accettazione degli altri, accettazione che passa solo attraverso l’approvazione del proprio corpo magro); introiezione acritica di modelli esterni; eventi avversi quali malattia/morte di un genitore, cambiamento di una figura genitoriale, frequenti traslochi, gravi problemi di salute, un familiare a dieta (per qualunque motivo), critiche familiari su peso, forma fisica, alimentazione, commenti ripetuti da parte di altri su peso e/o forma, essere derisi per il peso, le forme o l’alimentazione.

Fattori familiari: familiarità del disturbo, invischiamento (mancanza di confini, carenze di cure, iperprotettività, modelli di relazione (madre-padre) difficili, superficiali, senza intimità, svalutanti, difficoltà di relazione con il padre iperprotettivo, ma distante emotivamente, rigidità della struttura familiare (nessuna negoziazione, i conflitti vengono evitati), elevate aspettative genitoriali, molto critici verso le scelte autonome dei figli.

Fattori socio-culturali: Abbondanza di cibo, pressione sulla magrezza e pregiudizio verso la grassezza, spinta al successo (donna in carriera, scattante agile, sempre giovane), oggettivizzazione del corpo femminile.

Fattori di mantenimento:  Sono legati al digiuno che porta all’isolamento; includono fattori interpersonali, quali conflitti con amici o parenti, difficoltà a formare e mantenere rapporti, fattori comportamentali, quali body checking, pesarsi di frequente, non guardarsi allo specchio, non indossare certi abiti, evitare certe situazioni sociali. I fattori di mantenimento sono i primi sui quali si va ad intervenire per la cura.

Il trattamento deve essere di tipo multidimensionale, visto che la sintomatologia comprende la sfera affettiva, cognitiva, biologica, comportamentale, contesto familiare. Si otterrà un  maggior successo quanto prima si interverrà. Possibili interventi comprendono: gruppi di autoaiuto, psicoterapia individuale e di gruppo, utilizzo di un programma integrato (clinico espressivo, psicomotorio e corporeo), day hospital (interventi brevi sulla psicopatologia e integrati sui fattori di mantenimento), autoaiuto (biblioterapia).

 Anoressia

 Abramson E. (1996), Emozioni e cibo, Positive Press, Verona (5ª edizione 2004).

Dalle Grave R. (2001), Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità, Positive Press, Verona (2ª edizione 2002).