A cura della Dott.ssa Chiara Ciardullo psicologa psicoterapeuta.
Genitori alle prese con i capricci
Li chiamano “ i terribili due”, “l’età dei NO”. Infatti, a partire dai due anni di età circa del bambino, i genitori si trovano alle prese con la gestione dei poco (generalmente) graditi capricci dei loro figli.
Le frasi più comuni: “Era tanto buono, ora è diventato tremendo…” “Ha un caratterino…” “È molto volitivo…” “È molto determinato, insiste e si dispera finchè non ottiene ciò che vuole…”
E bene sì, parliamo proprio di capricci nei loro tipici aspetti di urla, grida disperate, lancio di oggetti, ovvero una serie di comportamenti e reazioni che in qualche modo sembrano un po’ vanificare le speranze e le aspettative dei genitori di avere dei figli sempre dolci ed ubbidienti, il che gratificherebbe anche esigenze un po’ narcisiste del genitore stesso (che bel lavoro che ho fatto).
È importante invece considerare che si sta accompagnando il proprio piccolo in una nuova fase della sua crescita, nella quale è sempre più forte e consapevole l’intenzione di esplorare la propria autonomia, sfidare i limiti che gli vengono imposti, imparando ad affermare la propria volontà, verificando che tipo di risposta può ottenere dal contesto (prima di tutto dalle principali figure significative, mamme e papà) questo nuovo modello di comportamento.
Questa rappresenta una fase molto importante per lo sviluppo della personalità del bambino, nella quale i genitori svolgono un ruolo fondamentale per favorire una crescita integrata ed armonica del proprio figlio, nei suoi aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali.
Dunque è importante considerare come aspetti generalmente del tutto normali le esplosioni di rabbia e di comportamenti oppositivi da parte del bambino intorno ai due anni. Rientrano infatti in un fisiologico processo di affermazione della personalità e della progressiva indipendenza e autonomia del bambino, il quale, a partire dai due anni circa, inizia a sperimentare un vissuto ambivalente tra il bisogno di accudimento e protezione (caratteristici della relazione con le sue figure significative, in particolare con la mamma) e il bisogno di esplorazione, il quale rappresenta una forte spinta evolutiva.
Nel contesto di questo sano desiderio di scoperta e sperimentazione, il divieto posto dal genitore viene vissuto dal bambino come una frustrazione, alla quale reagisce protestando con tutta la sua forza, esprimendo la sua rabbia. In questo modo impara che nella vita non tutto è concesso, che non può fare tutto ciò che desidera. Allo stesso tempo è importante che sviluppi e potenzi la sensazione di poter esprimere quella che è la sua volontà, il suo bisogno, la possibilità di raggiungere un obiettivo, la curiosità e la spinta ad andare oltre i limiti stabiliti.
Per questo è fondamentale non rispondere all’espressione di rabbia del bambino reprimendola: trasmettiamogli la possibilità di esprimere tutte le sue emozioni, non solo quelle socialmente più accettate e gradite; getteremo in questo modo le basi per una buona educazione emozionale del bambino, basata sul rispetto della propria persona, che si sente libera di esprimere se stessa nella sua totalità.
“Osservate il bambino che avete e non la fantasia di quello che volete avere”: La costruzione della fiducia in se stesso da parte del bambino, inizia con la comprensione e l’accettazione del suo temperamento da parte del genitore.
Accettando che il bambino esprima la sua rabbia, il suo dissenso, lo aiuteremo anche a sviluppare un senso di fiducia nella propria capacità di gestire i propri vissuti, potendoli incanalare in un’espressione via via più funzionale.
Con questo naturalmente non si vuole affermare che si debba far fare al bambino tutto ciò che desidera per far sì che esprima la sua personalità; i “no”, i limiti, i confini sono altrettanto importanti per favorire una crescita armonica e integrata. E spetta principalmente al genitore il compito di aiutare il proprio bambino a trovare un equilibrio tra l’espressione di questa energia vitale (la rabbia) e i confini entro cui gestire tale espressione, in modo da non esserne sopraffatti.
COSA FARE
In generale, di fronte ai capricci, è importante riuscire a mantenere un atteggiamento empatico di ascolto, di calma, con l’intenzione di comprendere lo stato d’animo che il bambino sta vivendo in quel momento e che in qualche modo sta cercando di comunicarci. In questo modo il bambino sperimenterà il vissuto di accettazione incondizionata da parte del genitore e soprattutto la fiducia nella possibilità di essere aiutato in un momento di difficoltà.
Questo può non essere facile per un genitore, il quale si trova a dover fare i conti con il proprio nervosismo, con il riaffiorare di ricordi, nodi irrisolti, vissuti, sensazioni lontane, che affondano le loro radici nella relazione che essi stessi hanno vissuto con le proprie figure significative, con particolare riferimento alla possibilità che è stata data alla propria rabbia, al proprio dissenso, di trovare un contesto accogliente in cui potesse essere espressa.
Può essere utile, dunque per i genitori, riflettere sul modello educativo ricevuto, ricontattando i relativi vissuti, per cercare di elaborare ed integrare un altro modello che contenga quegli elementi che si ritiene possano essere i più efficaci per favorire uno sviluppo rispettoso dell’autenticità della personalità del proprio bambino, in modo da potenziare la sua autostima e fiducia in se stesso.
Più nel particolare, le seguenti indicazioni potrebbero rivelarsi utili nel gestire efficacemente il capriccio e l’espressione di rabbia del bambino:
- Riconosciamo e verbalizziamo lo stato d’animo che il bambino sta vivendo in quel preciso momento, in modo da rassicurarlo rispetto a ciò che sta accadendo: “Capisco che tu sia arrabbiato…”
- Valutiamo, a seconda dell’età del bambino, se è possibile spiegare il perché di un certo divieto o di una regola che reputiamo importante: “Capisco che tu sia arrabbiato perché desidereresti portar via quel bel gioco che dobbiamo invece lasciare a questo bambino, anche lui ci tiene molto, a te non dispiacerebbe che ti portassero via un tuo giocattolo”?
- Offriamo un po’ di nutrimento per poter bilanciare un po’ la quota di frustrazione che sta vivendo il bambino: “Domani torneremo al parco e troveremo di nuovo questo bel giocattolo che ti piace tanto e potrai giocarci di nuovo”. In una buona parte dei casi, il bambino continuerà a protestare perché è principalmente in contatto con la frustrazione del desiderio, allo stesso tempo, a qualche livello sperimenterà anche un piccolo sollievo, che via via lo aiuterà a tollerare meglio la sua “ferita”, con la rassicurazione che il suo bisogno potrà essere soddisfatto nuovamente.
- Cerchiamo di rimanere coerenti nel dare le regole, per evitare di confondere il bambino rispetto ciò che consideriamo un limite “invalicabile”, cercando anche di spiegare il motivo per cui una cosa si può fare e un’altra no. Così per il bambino sarà più chiaro che la regola non nasce da un nostro capriccio ma da una necessità fondata.
- Comunichiamo al bambino delle regole quanto più precise, per facilitare la sua comprensione, descrivendo in modo più concreto l’azione che ci aspettiamo: in vece di “Metti in ordine la stanza” utilizziamo “Rimetti i tuoi giochi nel cesto”.
- Non rimproveriamo il bambino nella sua persona, ma per il comportamento specifico che disapproviamo: diciamo “Non mi piace questo tuo comportamento” piuttosto che “Non mi piaci quando ti comporti così” o peggio ancora “Sei sempre prepotente!”; così gli comunicheremo che sta sbagliando una cosa, con la relativa fiducia nella possibilità di correggerla, valorizzando tutte le sue altre potenzialità, piuttosto che giudicare negativamente tutta la sua persona non offrendo “via di scampo”.
- Valutiamo quelle che riteniamo essere le regole per noi più importanti da trasmettere al bambino, in modo da non comunicargli che esistono solo divieti nella vita.
- Gratifichiamo il bambino con tanti complimenti quando si comporta bene, così da favorire la sua autostima ed il inforzo di un comportamento che ci auspichiamo si ripeta in futuro, trasmettendo al bambino anche una parte di piacere associata al rispetto di una regola, non solo la frustrazione.
- Concediamo al bambino un po’ di autonomia (per esempio lasciamo che si vesta da solo o che chiami l’ascensore…) e senso di autodeterminazione, in questo modo potrà essere più propenso a ubbidire ad altre regole.
- Ed in ogni caso, cerchiamo di dare concretamente il buon esempio al bambino: se strilla, non alziamo il tono della voce, cerchiamo di mantenere un tono pacato, tranquillo, che rassicurerà il bambino e faciliterà la comunicazione e la comprensione del perché della nostra decisione.
- Può essere utile anche, in un momento in cui il bambino è più tranquillo, leggere insieme a lui delle storie che abbiamo come protagonista l’espressione delle emozioni, in particolar modo della rabbia, aiutandolo ad immedesimarsi nel personaggio descritto e ad elaborare i relativi sentimenti.
È importante osservare il bambino e notare qualora i capricci o l’espressione di sentimenti di rabbia avvenga con particolare intensità e frequenza: in questi casi, più che di una modalità fisiologica potrebbe trattarsi di un tentativo, da parte del bambino, di richiamare più fortemente l’attenzione del genitore; potrebbe dipendere da un sovraccarico di stimoli e stanchezza, o a volte potrebbe trattarsi di un’autodifesa da minacce reali o immaginarie.
In questi casi può essere utile richiedere una consulenza con uno specialista per poter gestire e superare efficacemente una fase di difficoltà che il bambino sta vivendo e sta cercando di comunicare con gli strumenti in suo possesso.
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Il tuo bambino e… l’aggressività. Una guida autorevole per affrontare rabbia e collera. T. Berry Brazelton, Joshua D.Sparrow; Raffaello Cortina Editore
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